mercoledì 17 ottobre 2012

Recensione: Tango elettrico, di Tjuna Notarbartolo.

June è una tipica donna del nostro tempo, forte, determinata, sicura di sé, refrattaria alle romanticherie e assai poco incline al sentimentalismo. La fine di una lunga relazione di coppia le ha lasciato in eredità una sorta di anestesia psicologica, tanto da considerare oramai gli uomini con distacco venato da indifferenza. Essi sono diventati una delle tante cose della vita di cui è possibile in un modo o nell’altro, fare a meno, come minimo per la facile disponibilità di succedanei accettabili: un lavoro da giornalista che la assorbe e la appassiona, piuttosto che un’animale da compagnia o la vicinanza delle amiche.
Questa situazione di relativo equilibrio va clamorosamente in pezzi dopo l’arrivo di un SMS da un numero sconosciuto. E’ l’inizio di un incalzante crescendo di tensione che trascinerà la protagonista nelle spire di un travolgente amor fou consumato a distanza tra mille peripezie, sebbene i due protagonisti non si incontrino praticamente mai e lo stesso finale rimanga aperto.
Tutta la vicenda è presentata al lettore dal punto di vista di June ma l’autrice dimostra una non comune maestria riuscendo ad evitare sia la pesantezza che di solito accompagna gli approcci introspettivi, sia la tentazione di lasciarsi prendere la mano dalla ricerca dell’eccitamento fine a se stesso. La storia è dipanata in modo freschissimo e vivace - spesso arricchita da tratti autoironici - e si fa apprezzare per una tensione narrativa attentamente dosata. Il dominio della scrittura è sempre molto saldo e l’autrice riesce a costruire una plausibile atmosfera di aspettativa senza mai rinunciare al senso della misura, nemmeno quando le situazioni narrate si avvicinano all’intimità. Si apprezza inoltre il brusco contrasto tra la concisione lapidaria degli SMS e certi passaggi narrativi più distesi, ad esempio una bella e lunga descrizione di atmosfere napoletane che ha il pregio di non ricadere nei consueti cliché pur mantenendo un gradevole registro lirico.
Il risultato è tanto più meritevole se si pensa come il vero protagonista del romanzo non sia affatto l’amore bensì la più ineffabile e sfuggente delle condizioni. L’assenza. Tango elettrico riconferma quindi un principio di ordine universale che vuole il più intenso sentimento lirico nascere dalla mancanza, alimentato dalla brama verso qualcosa che non si possiede ancora. Tanto più questa meta è lontana, irraggiungibile e sconosciuta, tanto più assume i caratteri dell’assoluto totalizzante.
Dunque una classica situazione di crisi, intesa non tanto come pericolo incombente, bensì come necessità di sperimentare nuove modalità di azione, occasione di mettere alla prova abilità mai sperimentate prima o semplicemente stimolo ad esplorare nuovi territori alla ricerca di soluzioni alternative. Sono le condizioni necessarie per un allargamento di orizzonti o quantomeno i presupposti per riuscire ad integrare le esperienze passate in una nuova e più ampia visione della vita.
Qui però il percorso è diverso. Il desiderio dell’appagamento fa indubbiamente da motore narrativo, ma la protagonista non sperimenta un’evoluzione interiore. June e Fabrizio si ricorrono per tutto il romanzo ma ogni qual volta sono prossimi ad incontrarsi si manifesta un fattore di disturbo, vuoi perché si profila un elemento capace di guastare l’atmosfera, vuoi perché semplicemente non riescono a trovarsi contemporaneamente nello stesso posto.
La psicologia si è a lungo esercitata sulla seduzione degli amori irrealizzabili (un sacerdote piuttosto che una donna sposata o una persona che vive all’altro capo del mondo) evidenziando come tutte queste situazioni pongano sempre un limite perentorio al nascere di una relazione nel senso pieno della parola. Questo limite non è però un ostacolo da rimuovere, bensì l’elemento essenziale del gioco, la condizione che tiene perennemente viva la passione e l’eccitamento. Essi sono alimentati da una tensione incessante verso qualcosa che non si realizzerà mai davvero, e che pertanto viene sottratta al rischio delle brutali smentite che la realtà offre talvolta alle nostre aspirazioni.
In questo senso il romanzo sollecita diverse riflessioni. Ad esempio induce ad interrogarsi sulle sottili bugie che propaliamo a noi stessi quando asseriamo di amare una persona in quanto tale, mentre spesso ci infatuiamo di un’immagine tendenziosa che abbiamo costruito a nostro uso e consumo, quando addirittura non siamo innamorati dell’amore in quanto tale, bramando cioè l’eccitazione e il sentimento come antidoti alla grigia e polverosa uniformità delle nostre esistenze. Forse, ciò che proclamiamo di volere non coincide sempre con ciò di cui abbiamo realmente bisogno.
Non meno interessante il modo vivido con cui viene presentata una delle più amare contraddizioni della vita contemporanea: tanto più sviluppiamo i mezzi adatti a determinare il nostro destino, cerchiamo di avere successo, di sviluppare i nostri talenti, di realizzare aspirazioni o di renderci indipendenti da fattori esterni, tanto più siamo vulnerabili all’alienazione. Non a caso il significato etimologico di autonomia è proprio “norma valida solo per se stessi”. Il prezzo della libertà è normalmente la solitudine.
Non è quindi un caso che il romanzo dedichi così tanto spazio al ruolo della fantasia e dell’immaginazione. Si tratta di potenti attività creative che hanno in sé le risposte ad ogni possibile domanda, l’attitudine a guardare non solo verso un aureo passato ma anche in direzione di tutte le possibilità realizzabili, anche se ancora potenziali. Forze quindi essenzialmente creatrici poiché è impossibile ottenere qualcosa senza prima pensarla come realizzabile. E sarà proprio in quest’ottica, sulla scia di un intellettuale influente come Herbert Marcuse, che la contestazione parlerà di “fantasia al potere”.
La vicenda di June è in questo senso un’esperienza di liberazione. Da una lato la protagonista vive in modo diretto gli aspetti più prosaici della professione giornalistica, un’attività che nel senso comune è spesso vista come sinonimo di vita brillante e poco faticosa (“Pur di non lavorare!”, si dice frequentemente di questo ed altri simili mestieri) ma che invece l’autrice tratteggia in modo assai verosimile, con la competenza di chi vive questa condizione dall’interno. Sono le scadenze incalzanti, l’insopportabile pochezza di certi personaggi, il sentirsi perennemente tirata per la giacchetta oppure l’arroganza boriosa di politici di mezza tacca convinti di poter fare il bello e cattivo tempo solo perché gestiscono un capitolo di spesa.
Dall’altro, l’amore è invece reso come trasporto, emozione travolgente, fuoco divorante della passione senza compromessi o mezze misure, una tensione verso l’assoluto che non ammette né limiti né confini, dando così vita ad un contrasto di luci ed ombre che percorre tutto il romanzo:

“Sapere tutto di te e non sapere niente. Non  ci siamo mai chiamati per nome. La vita che ci si porta addosso è pesante e appesantisce l’amore. Il nostro amore non ha peso perché non ha nome. E’ un amore leggere e voluttuoso, smodato, prodigioso.”

Sono queste le parole di June per rendere l’intensità della sua passione per Fabrizio, ma si noti che a quel punto della vicenda il suo amato bene è poco più che un nome, per altro dai contorni assai nebulosi. Tanto nebulosi che la giornalista cercherà di renderlo meno inafferrabile dando vita ad un fumetto con l’auto di un amico disegnatore, il che ingarbuglierà ancora di più la storia per l’intrecciarsi inestricabile di fantasia e realtà. Perfetta metafora del progressivo sgretolamento di ogni giudizio critico sull’altro che è proprio l’ingradiente più desiderato e temuto di ogni innamoramento che si rispetti.

Cosa c’entra tutto ciò con il tango? Parrebbe nulla. Ma di fronte ad un risultato tanto felice volentieri perdoniamo all’autrice di averci così elegantemente buggerato.

Cos’è piaciuto:

- qualità della scrittura;
- tensione narrativa;
- sottile sensibilità erotica al femminile, arricchita da un’elegante autoironia.

Cosa non è piaciuto:

- Nulla 

Il giudizio in una riga: (ore 16,21 – 320925...) Ciao. Ho scritto una recensione del tuo libro sul mio blog. Ti piace? Chissà se ti ricordi di me. Baci.

La frase da ricordare: “L’amore è assolutamente libero, per essere l’unica massima prigione. Perché è un miracolo a ai miracoli non si chiede la ricevuta di ritorno, non sta bene”.

Scheda completa: Tango elettrico : romanzo / Tjuna Notarbartolo. - Modena : Borelli, 2008 - 191 p. ; 21 cm. - ISBN 978-88-86721-71-4, Euro: 12.75.