Sii pura è un
testo di educazione cattolica per ragazze scritto da Laura Bianchini, edito per
la prima volta nel 1941 e successivamente ristampato fin quasi la metà degli
anni cinquanta. L’intransigente rigorismo del volumetto è l’espressione di un
sentire ormai non più attuale, ed è anzi lecito domandarsi quanto simili
orientamenti fossero davvero condivisi nella società del tempo, giacché un
sistema strutturato di divieti è di solito il modo più immediato per capire
cosa la gente faccia di solito.
Riporto qui il capitolo dedicato al ballo trattandosi di pagine che si
prestano a diverse considerazioni. Prima di tutto mostrano chiaramente come i
giudizi morali siano per lo stessa natura largamente storicizzati, in quanto
essi variano radicalmente a seconda delle diverse epoche. Appare inoltre
sintomatico il completo ribaltamento di valori: gli aspetti che l’autrice
attacca con più veemenza risultano oggi non soltanto tranquillamente accettati,
ma sono anzi ritenuti modalità espressive essenziali per il nostro benessere.
Pasti pensare alla disinvoltura e alla naturalezza, al valore delle relazioni
sociali, alla gioia dell’abbandono spontaneo.
Interessante infine l’accenno alle donne che “hanno fatto dei segni con gli occhi”.
Una forma di mirada ante litteram?
Ballo. Invenzione diabolica questa, che
non merita l'appellativo di divertimento ma tomba della purezza,
incentivo di superbia, di gelosia, di vanità... Hanno bel ripetere le giovani
spensierate che “nel ballo non c'è nulla di male”. Con quale convinzione esse
lo dicono? Non sarebbero certamente disposte a ripetere ciò in punto di morte!
Ballo non è soltanto un male ma una sorgente di male e di peccati.
S. Gemma Galgani, bambina, disdegnava perfino d'essere abbracciata è
baciata da suo padre. Tutte le volte ch'egli tentava di stringere a sé il suo
tesoro: - Babbo, non toccare! - diceva ella con bel garbo. - Ma son tuo padre!
... -Sì, sì, ma io non voglio esser toccata da nessuno! Esagerazioni? Benedette
le esagerazioni che formano i santi!
-Ma si è sempre ballato! -dicono alcune. Purtroppo! Anche il delitto, il
suicidio, il furto, il vizio si ebbero in tutti i secoli eppure mai nessuno li
riputò atti onesti. Il ballo poi, in particolare, è stato sempre giudicato
severamente, perfino dai pagani. A Roma, dire di una giovane che era una “brava
ballerina” equivaleva a darle un titolo d'infamia. Interrogato un saggio
filosofo quale differenza passasse tra un pazzo e un uomo che balla, rispose:
“Il pazzo è tale per sempre, il ballerino finché balla”. “Non ti trovare con
una danzatrice - avverte lo Spirito Santo - e guardati dal porgere orecchio
alle parole di lei” (Eccl. 9, 4). E altrove: “ Le figliole di Sion si sono
invaghite...; hanno fatto dei segni con gli occhi e dei gesti con le mani; si
sono messe sull’aria della galanteria coi loro passi studiati e composti;
perciò il Signore le coprirà di confusione e di vergogna (Is. 3, 16). I Santi hanno parole e
similitudini terribili per questo divertimento. San Carlo diceva che “i balli
sono come un cerchio di cui il demonio è il centro e gli uomini senza pudore la
corte. Quasi mai si balla senza peccare. L'affermare il contrario è una
menzogna, un’illusione, un inganno”.
Generalmente i balli si fanno di notte quasi ad indicare le tenebre in cui
piombano le anime; e, se fatti di giorno, indicano la sfacciataggine di persone
moralmente abbassate. I terribili castighi con cui Dio punisce il ballo,
dovrebbero far tremare.. In un paese del Molise, qualche anno fa, sul più bello
di una danza, sprofondò improvvisamente il pavimento. Tutti precipitarono nel
piano inferiore riportando ferite non lievi. Fu tale il terrore di quei paesani
che tra di loro non si parlò più di ballo.
E se si fosse in qualche modo obbligate ad andarvi? - E’ raro. E se pur
vi fossero ancora dei genitori così ciechi da trascinare le proprie figliole in
un covo di serpenti, è necessario dapprima resistere con tutte le forze eppoi
cercar tare il portamento di Santa Rosa
da Lima. Bella, d'una
bellezza celestiale, angelica nel portamento, fresca e sorridente come i fiori
della sua terra, Rosa aveva consacrata a Dio tutta la sua vita. Ella trovava
diletto nel cantare, con la sua voce armoniosa, inni di lode al Creatore. Amava
il suo giardino, la capannuccia che vi aveva fabbricata, e dove trascorreva le
sue ore di Paradiso. Godeva gettare in alto i bianchi petali di rose il loro
profumo giungesse fino a Dio. I petali però, non ricadevano sulla terra:
restavano miracolosamente sospesi in aria, formandovi una croce sfolgorante. La
mamma di Rosa invece era ambiziosa. Bramava che la figliuola partecipasse a
qualche divertimento; che tutta la città conoscesse il fiore di bellezza
ch’ella possedeva. Un giorno di carnevale, la mamma decise piegare l'angelica
figliuola ai suoi desideri. L'avvisò pertanto che, giunta la sera, l'avrebbe
condotta, suo malgrado, al ballo pubblico. Rosa comprese ch’era impossibile
resistere e preparò l'abbigliamento, braccialetti forniti internamente di punte
alle braccia e alle gambe; pungente alla vita; corona di spine in testa. Sopra,
i vestiti più sfarzosi di Lima, il cappello più elegante, i monili più
preziosi. Così Rosa comparve, con visibile orgoglio della madre, in quella sala
abbagliante di luce. Sedette in uno dei posti più distinti. Il ballo incominciò
ma Rosa, con gli occhi bassi, andava meditando la passione di Gesù Cristo.
Improvvisamente comparvero sulla sua fronte bianchissima perle di rosso
scarlatto: erano vive gocce di sangue che dalla testa scendevano poco a poco a
infiorare il suo viso liliale. Rosa, immersa nella contemplazione, non se ne
accorgeva. Ben se ne avvidero, con grande meraviglia, i circostanti e la mamma
che inutilmente tentava far sparire quei segni che parlavano di dolore. Le
gocce di sangue continuavano a discendere finché, l'ambiziosa madre, fu
costretta ad accompagnare Rosa fuori di quel luogo che non era fatto per
lei.
Non tutte le giovani, come Rosa, ritornano a casa dal ballo con
l'innocenza nel cuore, anche se vi entrano senza cattiva intenzione o
trascinate da mani scandalose. Così avvenne ad Anna Genoveffa di Bourdon. Ella,
prima di quel fatale divertimento, era buona, pia, tanto che aveva deciso di
farsi carmelitana. I genitori, che non la volevano monaca, cercarono di
dissipare quelle che essi chiamavano superstizioni. La tolsero dal Collegio, e
la gettarono in mezzo al mondo e continuamente la riprendevano perché non
faceva abbastanza la disinvolta.
Si cercò trascinarla anche al ballo. Anna Genoveffa resisté
alquanto, poi cedette. Sotto le vesti nascose il cilicio ma, fondo al cuore,
ella stessa godeva di poter fare bella figura. Entra nel ballo. Ben
presto tutti gli occhi sono su lei. Molti esprimono la propria ammirazione per
l'avvenenza della sua persona. Anna ne è orgogliosa, sorride ma - ohimè!
-quando esce di non è più lei. Incomincia
a far sua la vita di molte giovani infelici: mondo e Dio..., Dio
e mondo. I rimorsi la straziano terribilmente. Così per anni. “
Finalmente un giorno - scrive ella stessa - mentre componevo una lettera, mi si
sollevò velo dagli occhi. Vidi l'incanto della verità e si risvegliò in me
quella fede ch'era come sepolta nel mio cuore. Io mi trovai come chi si sveglia
da lungo sonno e si trova carico di catene e coperto di piaghe ...”
Effetto d'un primo ballo. Fortunata lei ch'ebbe la
grazia di convertirsi e rivolgersi definitivamente a Dio. Quante giovani
sventurate finiscono invece miseramente la vita a causa divertimento
profano!